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Un viaggio nel tempo, da Kairouan a Matmata

Chi non ha mai sognato di viaggiare nel tempo? Credo che un po’ tutti lo abbiano fatto, almeno una volta.

Almeno una volta, abbiamo pensato, a come doveva essere la vita una volta, al tempo dei nostri progenitori.
Per provare un’emozione simile, ad occhi aperti, nulla di meglio che un viaggio in Africa, o in alcuni stati dell’Asia e dell’America Latina.
Il più facile e semplice luogo da raggiungere, per noi italiani, tra gli stati, in cui è possibile venire a contatto con uno stile di vita regolato da schemi e situazioni ormai perdute in Europa, è la Tunisia, dove si può veramente fantasticare “in diretta!”

A poche ore di nave, o in alternativa dopo un breve balzo in aereo, oppure ancora dopo un lungo ma nemmeno troppo difficile viaggio via terra, si esce dalla dogana e si cambia continente, entrando in una moderna metropoli con autostrade, asfalto, cemento, grandi alberghi, banche, palazzi, stadi e supermercati.
Ma da Tunisi, in pochissimi chilometri, si arriva velocemente al centro di quelle città che sono la porta dell’Africa che noi immaginiamo, quella stereotipata, che film, libri e documentari, hanno impresso nell’immaginario collettivo.
Da queste città, inizia per il viaggiatore, un viaggio a ritroso nel tempo, dal terzo millennio al medioevo, in poche ore, a volte in poche decine di minuti.

Eccomi quindi, all’uscita di Kairouan, sulla mia fida cavalcatura, moderno cavaliere in viaggio nel tempo.
La quarta città santa dell’Islam, dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme, mi accoglie con i suoi palazzi antichi, le moschee, il mercato, i famosi tappeti, i piccoli laboratori artigiani di tessuto e anche con le sue moderne fabbriche di automobili o di attrezzature meccaniche.
Per il momento, mi confondo con tutti gli altri turisti, che si accontentano delle prime e bellissime possibilità di incontro con un mondo diverso da quello occidentale.
Non mi bastano le prime donne velate che incontro, oppure i primi uomini con l’abito lungo, ci sono anche nelle nostre città e non mi accontento neppure dei carretti trainati da animali o dei pastori di capre e di bestiame, sulle montagne, nelle campagne e nelle valli in cui ho trascorso la mia infanzia, erano la norma, fino a non molti anni fa ed in alcuni luoghi lo sono ancora.
Quest’estate, percorrendo una mulattiera in Valle Varaita, con la mia moto da enduro, ho visto un anziano signore, che conduceva una slitta carica di cibo per le mucche, trainata da un mulo, era un giorno di piena estate ed ovviamente non c’era neve; si tratta di un sistema di trasporto antecedente alla applicazione della ruota, che non vedevo in uso da almeno venti anni e mi trovavo in Italia, al confine con la modernissima Francia.
Quindi, voglio qualcosa di più e continuando l’itinerario verso Sud, certamente lo troverò.

Dopo cinquanta chilometri di distanza da Kairouan, inizio ad incontrare case sempre più povere e disadorne; il disordine ed i rifiuti, purtroppo, iniziano ad avere una presenza costante ed importante nel panorama locale.
I turisti diminuiscono e la distanza tra i centri abitati aumenta.
Gli splendidi campi di ulivi, perfettamente coltivati e probabilmente quasi immutati da quando gli antichi romani li impiantarono quasi duemila anni or sono, similmente a quanto si può vedere in Puglia, in Libia ed in alcuni luoghi della Calabria e della Basilicata, testimoniano di una agricoltura ricca e di un terreno irriguo e nutriente.
Più avanti, a ridosso dei monti che separano la costa mediterranea dalle zone predesertiche, il terreno si fa più povero e le abitazioni povere e semplici che compongono i piccoli paesini abbarbicati alla montagna, sembrano contendersi lo spazio vitale con i piccoli campi coltivati e terrazzati, che tenaci contadini, lavorano con attrezzature primitive, aiutati nella loro fatica, da bambini e bestie da soma.

Scompaiono in breve, i trattori e le macchine agricole e compaiono le abitazioni troglodite, scavate nella roccia tenera come la terra, tuttora in gran parte abitate, magari con un dromedario nel cortile.
La presenza dei turisti, che qui rappresentano quasi l’unica fonte di valuta pregiata in grado di sostituire l’agricoltura di sussistenza, è costante, a causa della vicinanza con la costa, ma discreta e sempre meno avvertibile.
A dispetto dell’oleodotto che attraversa l’intera regione, molti villaggi, non hanno ancora e forse non avranno mai un acquedotto ed un sistema fognario, quindi è normale, vedere gruppi di donne e di ragazzini fare la fila davanti al pozzo e percorrere lunghi tratti a piedi per portare l’acqua a casa, con recipienti di ogni forma, colore e dimensione.
I pochi alberghi della zona, offrono ospitalità a prezzi ridotti, ai turisti che attraversano la zona in motocicletta o in quattro per quattro e quando si incontrano si incontrano lunghe carovane di grandi fuoristrada bianchi (tutti Toyota Land Cruiser e qualche raro Nissan Patrol), stipate (6-8 per auto) di vacanzieri che fanno la spola dai villaggi vacanze alle prime dune del deserto, si è di fronte alle ultime presenze concrete di gruppi di europei.

Le montagne ed il paesaggio, quasi fiabeschi, appaiono stratificati e molto simili ai canyon americani.
Si tratta di quell’antichissimo fondo di oceano, che sollevatosi in epoca remota e successivamente eroso da acqua e vento, ha messo a nudo gli innumerevoli strati di sedimentazione, ricchi di fossili e incredibilmente colorati, quando il sole li rende quasi arroventati.

Rare automobili, alcuni motorini (le mitiche mobilette che hanno motorizzato l’Africa del Nord), molti carretti a trazione animale ed una quantità relativamente elevata di gente che si sposta a piedi su distanze enormi…è proprio vero, che l’Africa è un continente che cammina.
Sono in pieno viaggio nel tempo e mi sto divertendo un sacco.
Un bravo fotografo, “impazzirebbe” a trovare lo scatto giusto, dove il verde brillante di qualche prato e delle palme da dattero, sembra quasi irreale inserito in questi canyon di roccia rossastra.

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