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Minimalismo, frugalità, essenzialità e van

Molto spesso mi sono soffermato a pensare a quale sia l’essenza del viaggio in van.

Mi lascio travolgere da pensieri di questo tipo quando guido per ore al volante del mio mezzo e lascio la mente libera di spaziare.

Quando viaggio fuori dal Vecchio Continente raramente lo faccio per divertimento e ancora più sporadicamente alla guida di un van (RV come viene chiamato in America e in molte altre parti del mondo), inoltre molto spesso, in tali situazioni, sono in compagnia dei miei clienti e quindi non ho molto tempo per pensare.

Se invece sono in vacanza in Europa, la situazione è molto diversa.

Su percorsi molto facili, banali o addirittura noiosi, ad esempio quelli autostradali, necessari per coprire le lunghe distanze che mi separano dalle mete più belle, non c’è molto da fare, specialmente se si viaggia sulle autostrade del Nord Europa, molto veloci e scorrevoli (quelle tedesche) o molto limitate nella velocità, ma senza intoppi, con conseguente velocità costante (quelle scandinave).

Nel Sud Europa, tra caselli, lavori, ingorghi, restringimenti e zone fuori norma, c’è un po’ più da fare, mentre in Italia, viaggiando con il telepass, ingorghi a parte, spesso l’unica attenzione da prestare è quella che serve per evitare gli autovelox sistemati subdolamente nei luoghi in cui è più facile fare cassa.

Nell’Est Europeo la situazione è “più primitiva” a dispetto della spinta di modernizzazione voluta dalla Comunità Europea, quindi la situazione è più complessa.

Comunque sia, viaggiando in autostrada nel Vecchio Continente, si finisce per guidare “in automatico” con la giusta dose di “presenza”, ma senza grandi stimoli automobilistici.

A dire il vero, ci sarebbe da temere tutta una serie di pessimi utenti della strada, dei quali non inizio la descrizione, ma dal momento che abitualmente viaggio in autostrada solo di notte per scelta personale e fuori dai periodi di grandi transumanze di vacanzieri, per motivi professionali (in quei periodi lavoro…), tranne in particolari momenti dell’anno, non ho incontri spiacevoli.

I camionisti, seppur grossi, a vole prepotenti e spesso maleducati, sono pur sempre dei professionisti e come tali sono meglio di tanti altri e non mi impensieriscono più di tanto.

Allora non resta che lasciar volare l’immaginazione e sognare ad occhi aperti.

Proprio in questi lunghi momenti, cerco di capire l’essenza del viaggio, il perché del van e del vivere viaggiando.

Tra le “cose belle” del van, c’è il fatto di essere indipendenti e liberi rispetto alle esigenze di sistemazione alberghiera e di divieto o di difficoltà di transito per grandi mezzi, per contro si è costretti a vivere in un ambiente molto ristretto, con i servizi ridotti al minimo.

Quindi ci si trova spesso ad arrivare dove gli altri non possono andare, con una velocità di crociera uguale a quella di una automobile e nel caso in cui si disponga di un van a trazione integrale rialzato per l’offroad, addirittura oltre i imiti delle stesse automobili, insieme ai mezzi fuoristrada 4×4 su piste desertiche, mulattiere e strade impossibili. tra ghiacci, foreste e savane.

Rispetto alle auto 4×4, si ha il vantaggio indubbio di non dover montare la tenda per dormire, di poter cucinare, mangiare ed occuparsi dell’igiene personale all’interno del mezzo, di potersi cambiare e lavorare in piedi ed infine di potersi godere i momenti di tranquillità restando protetti da animali, intemperie e temperature ostili, rimanendo comodamente seduti tra le solide pareti metalliche del furgone.

Come detto precedentemente, però, tutta questa libertà e questi comfort si pagano con il dover vivere in uno spazio piccolo per tutta la durata del viaggio e con l’obbligatorietà di sottostare a più o meno complessi lavori di trasformazione, ogni volta in cui si decide di cambiare utilizzo dell’interno del mezzo, quando diventa necessario piegare o muovere qualcosa.

Si entra in un mondo di rituali a volte semplici, a volte complessi, che scandiscono la vita del campeggio e degli spostamenti da un luogo di sosta ad un altro.

Chi si muove con un grande camper o con un immenso motorhome, non conosce queste situazioni o comunque le ha vissute solo in parte, i suoi problemi sono di tutt’altro genere.

Grande comodità a bordo, spazi dedicati ad ogni singola attività, accessori simili o migliori di quelli di casa, dalla batteria di pentole al servizio di calici per il vino, rendono la vita in campeggio non molto diversa da quella domestica.

Tutte comodità che richiedono un pegno: la perdita di maneggevolezza, agilità e piacere di guida, senza contare l’impossibilità di accedere ai centri urbani e la necessità di avere al seguito un sistema di spostamento che consenta di contenere il disagio del restare distanti dal luogo che si vuole visitare piuttosto che del luogo in cui si intende praticare la disciplina sportiva preferita.

Conosco personalmente dei camperisti che in vacanza, una volta giunti al campeggio o al luogo di sosta, noleggiano una automobile per gli spostamenti e le visite.

A quel punto preferirei mille volte una roulotte, ma come sempre è una questione di gusti e su questi non si discute, specialmente quando si parla di hobby, svago e divertimento.

Della mobilità in ambiente difficile non sto neanche a parlarne, tranne nel caso in cui si tratti di grandi autocarri 4×4 attrezzati per l’avventura estrema, che più volte ho incontrato, accompagnato e addirittura utilizzato in Africa.

Però in questo caso risultano inutili e controindicati per il turismo in Europa, se nuovi hanno dei costi folli, se vecchi presentano caratteristiche di funzionamento e di comfort inaccettabili al giorno d’oggi, senza contare i consumi ed i costi di manutenzione.

Io personalmente, da ex pilota, quando guido tra le dune mi diverto a cercare il passaggio più tecnico ed appagante, l’idea di fare il camionista sulle piste sahariane per divertimento spendendo del denaro, non mi sfiora neanche lontanamente, ma anche in questo caso “de gustibus non disputandum est”!

Cosa diversa è quando ci si trova nei grandini spazi o sulle strade degli Stati Uniti d’America o dell’ Australia, ma salvo stili di vita che contemplino il poter restare in vacanza per mesi o anni, si tratta di parentesi di qualche settimana con mezzi per lo più a noleggio.

Quindi ritornando ai pensieri sul van e sulla sua forzata compattezza, risulta di difficile comprensione, a volte addirittura per me, l’amore e la cura che i van driver dimostrano per i loro mezzi, la simbiosi che li lega ai loro furgoni trasformati.

Alcuni di loro, utilizzano lo stesso mezzo da decenni e l’idea di separarsene li angoscia quasi si trattasse di un essere vivente…tra questi ci sono anch’io.

Ebbene, dopo anni di riflessioni, pur tenendo in debito conto le già citate doti di maneggevolezza, semplicità, possibilità di sostituire l’automobile, ecc., sono giunto alla conclusione che il successo del van risieda proprio nel minimalismo e nella frugalità alla quale obbligano i ridotti spazi a disposizione.

Mi spiego meglio.

In un mondo di comfort, esagerazioni e grandezza sconsiderata, dove c’è di tutto e di più, dove ci sono comodità di ogni genere che da un lato ci semplificano al vita, ma dall’altro ci rendono tutto più dispendioso, sia in termini di denaro, sia in quantità di tempo, che come tutti sappiamo è limitato e non si può comperare.

Vivendo immersi in una realtà nella quale tutto e sovradimensionato, dal televisore grande come un lo schermo di una sala cinematografica agli elettrodomestici specifici per ogni azione e necessità, diventa piacevole “avere poco” e dedicare tempo a se stessi.

Assuefatti ad una società che ha inventato macchinari e accessori per ogni cosa, diventa meraviglioso passare una serata davanti a una candela, parlando, pensando o accarezzando il proprio partner, con grande semplicità.

Chi vive in ville o appartamenti di 200 metri quadrati in cui moglie, marito, figli e figlie hanno tv computer e servizi personali sistemati in ambienti diversi, diventa stupendo condividere in due o tre, o addirittura quattro persone uno spazio di 5 metri quadrati inclusa la cabina di guida.

Per coloro che abitano in un condominio di 10 piani, diventa bellissimo poter sostare a bordo lago in una casetta isolata dal resto del mondo e per tutti vale il discorso di vivere insieme a stretto contatto, come avviene quando si naviga in barca.

In fondo i van driver sono navigatori di terra.

…e se si è dei solitari, allora il piacere di avere un ambiente piccolissimo, una specie di carapace da portarsi appresso in ogni luogo, anche il più esagerato e sperduto, non ha prezzo e diventa quasi una droga, una esigenza fisica e mentale da soddisfare ogni qualvolta se ne presenta l’occasione.

Un altro aspetto, molto meno evidente, che a mio avviso decreta il successo del van, è costituito dalla ritualità e dalla sequenza di movimenti e di attività alla quale obbliga il mezzo stesso.

In questo caso si tratta di caratteristica che affascina soprattutto il sesso maschile, che ama avere qualcosa da fare, qualche giocattolo da montare e uno obiettivo a cui tendere, anche per raggiungere un risultato molto semplice ed immediato.

Non so se ci avete mai fatto caso, io l’ho osservato su di me.

A causa del poco spazio a disposizione, quando ci si ferma, è necessario compiere tutta una serie di operazioni che impegnano parte del tempo: tirare fuori eventuali attrezzi trasportati in modo poco  tecnico, quali ad esempio possono essere una bicicletta o una canoa caricate nel vano di soggiorno del mezzo, oppure la veranda e gli scarponi caricati all’ultimo momento senza aver avuto la voglia di sistemarli sul portabagagli.

Poi ci sono tutte le operazioni necessari e funzionali alla sosta: bisogna alzare il tetto, oppure modificare la posizione del letto o quella del tavolo, per poter mangiare o dormire, e così via per ogni attività ed ogni esigenza.

Tutte queste operazioni, diventano un rituale che piace e che immette in una dimensione di viaggio e di vacanza e che sottolineano in qualche modo la netta sensazione di non essere vincolati alla vita di casa, dell’ufficio o dell’azienda.

Esse assumono gli stessi aspetti della preparazione dell’attrezzatura che si utilizza e si prepara prima di  praticare una disciplina sportiva tecnica o estrema; è come piegare il paracadute, come il montare il deltaplano o la mongolfiera, come indossare la muta o l’imbragatura, come l’avvolgere le corde oppure oliare la catena della mountain-bike.

Il preparare un piatto per la cena, non richiede soltanto l’abilità di conoscere ingredienti e tempi di cottura, ma anche quella di saper cucinare con una sola padella e con pochi ingredienti.

Paradossalmente, poi, dopo aver terminato i preparativi, le cose da rimettere in ordine sono poche e gli ambienti da pulire sono molto piccoli, così in breve si ha del tempo a disposizione per se stessi o per le persone amate.

In campeggio, quando si ha molto tempo e pochi oggetti a disposizione, ci si aiuta e si interagisce molto per vivere appieno ogni singolo momento della vacanza e del viaggio: si lavano insieme le poche stoviglie, si prepara il letto aiutandosi e si rinsaldano legami di coppia, di amicizia o di famiglia in situazioni difficilmente ricreabili nella vita di casa.

Sempre paradossalmente, in caso di necessità o di volontà di farlo, in brevissimo tempo ci si può muovere; si tratta una sensazione di libertà assoluta incomprensibile ai più.

Quante volte mi sono mosso con il letto pronto per dormire o il tavolino aperto, solo perché volevo avvicinarmi di più alla sponda del lago, oppure perché volevo vedere un mio amico in atterraggio con il paracadute o perché dovevo seguire una mongolfiera in volo o semplicemente perché volevo girarmi con la porta laterale verso il sole…libertà assoluta, come dicevo prima.

Concludo sottolineando che il restare in un ambiente piccolo scalda il cuore.

Restare con il portellone aperto a guardare le stelle in piena notte o al crepuscolo, o ancora dopo il tramonto, con una coperta sulle spalle, direttamente accovacciati sul letto e con il tavolo a dieci centimetri in pochi  metri cubi di spazio,  ha lo stesso sapore del restare accoccolati su di una coperta davanti al caminetto acceso in una villa di trecento metri quadrati… e comunque si tratta di una esigenza che soltanto alcuni spiriti liberi e nomadi possono sentire.

Chi non ha provato non può capire, ma per chi li conosce, si tratta di un mondo e di una dimensione unica ed irrinunciabile.

Secondo me, come già detto in precedenza, in un’epoca “esagerata”, “standardizzata” e globalizzata come quella attuale, questo minimalismo e questa essenzialità, unite alla possibilità di personalizzazione pressoché infinita, sono alla base del successo del van, sia che si tratti di un economico e vecchio furgone d’occasione trasformato da un ragazzino intraprendente, sia che si tratti dell’ultimo costosissimo e veloce van a trazione integrale acquistato da un uomo di successo al prezzo di una berlina di lusso o avuto in prestito dallo sponsor …come avviene nel mio caso!

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