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Considerazioni “molto motociclistiche e personali”

Spesso, osservando o provando le motociclette che imperversano in Sud America, mi sono posto vari quesiti.

Sono semplici e leggere, hanno consumi ridicoli, divertono, sono molto silenziose, sono abbastanza belle, pur senza avere l’aspetto delle “pronto gara” e sono molto lontane sia nella componentistica e nelle prestazioni, sia nel look, dalle “motorette” che pullulano in Asia e che costituiscono il più popolare mezzo di trasporto del Lontano Oriente; sicuramente molto utili, ma onestamente brutte inguardabili e per nulla divertenti.
Le Sud americane, mantengono l’economicità e la semplicità di queste ultime, ma hanno una affidabilità, una potenza ed un comfort sullo sconnesso e nel fuoristrada, sconosciute a scooter e motorette varie.
In pratica, si tratta di motoleggere con look e componentistica delle nostre enduro anni ottanta, basse come le regolarità degli anni settanta (quindi adatte a donne, ragazzi ed uso utilitario), dotate di motori super affidabili di cilindrata compresa tra i centocinquanta ed i trecento centimetri cubi.
Le utilizzano: il postino, la polizia, il garzone di bottega per le consegne, la massaia per la spesa, il popolo in generale per ogni spostamento, anche su sterrati, spiagge e mulattiere, la famiglia per la domenica (ho visto più volte mamma, papà, bebè e figlio grande con tanto di cestino per il pic-nic) ed infine i ragazzi, che ci fanno i bulli davanti alle ragazze, sul pavé cittadino.
Mentre i più tosti, ci fanno dell’enduro serio ed a volte anche estremo, magari con qualche miglioria tecnica e qualche ritocco estetico, che le renda simili a quelle dei campioni raffigurati sulle pagine patinate delle riviste di settore.

Ma perché da noi non esistono o comunque non se ne vedono in circolazione?
Perché chi è basso di statura, spesso si dedica ad altri modi di andare in moto?
Perché la stragrande maggioranza delle donne (lo dicono sempre le mie clienti) non va in fuoristrada, perché non riesce a dominare tutti quei cavalli, quei chili e quelle altezze?
Innanzi tutto, non è vero che queste motociclette non esistono; sono poche e soprattutto poco conosciute, ma esistono eccome!
Purtroppo, però, non sono adatte alla mentalità dei moderni acquirenti europei.
Infatti, quasi tutti gli utenti (non riesco ad utilizzare la parola motociclisti per moti di loro), ricerca un modo di farsi notare o di essere alla moda, piuttosto che il divertimento puro e semplice, derivante dal guidare un mezzo motorizzato a due ruote.
Quindi o la moto ha l’aspetto richiesto dalla tendenza del momento, oppure ad utilizzarla, ci si sente decisamente “out”.
Non a caso, esulano da questo gruppo, tutti coloro che non hanno nulla da dimostrare: mogli o fidanzate che vogliono seguire il compagno, tosti o campioni “n pensione”, ricchi alternativi che hanno moltissime moto in garage, persone che utilizzano la moto per motivi professionali, quali pastori o personale della protezione civile, giramondo appassionati molto fuori dagli schemi e dalle mode…come me!

Volendo entrare nel settore fuoristrada e volendo prendere le distanze dalle “pronto gara”, che normalmente sono enduro esasperate, o addirittura cross targate, trial o derivate dal trial, che di motociclistico in senso stretto, hanno veramente poco, oppure ancora motard, che personalmente mi rifiuto di inserire nella categoria delle fuoristrada…è infatti dimostrabile, come su di una pista da motard, ad andatura adeguata, si possa girare con una Vespa, una Hayabusa 1300, con una Harley Davidson o con una utilitaria o con una berlina di rappresentanza, mentre con una ruota slick da sedici pollici, il percorso sterrato che dietro casa mia diventa estremo, …quindi per favore parliamo di cose serie!!!
Per restare in argomento, quindi, salvo pochissime eccezioni, rimangono solo due scelte:

  • le maxi-enduro stradali dio cui ho già parlato e che non rientrano in questo discorso, anche se mi piacciono e mi affascinano moltissimo, ma in fuoristrada sono veramente molto limitate;
  • le dual-sport, che a loro volta rappresentano un settore molto vario e complesso, sebbene composto da pochi modelli.

Mi permetto di analizzare questo settore, con pensieri e deduzioni del tutto personali, che non hanno la pretesa di stabilire parametri o di codificare sistemi assoluti, si tratta del mio pensiero e basta, maturato in tantissimi anni di motociclismo turistico e professionale.

Le vere dual-sport, che per me sono le moto per eccellenza, erano le enduro degli anni ottanta, come già detto in precedenza, con le quali, facevi tutto, ma veramente tutto in senso assoluto: gare, estremo, gita al mare, vacanza con la fidanzata, viaggio di nozze, mulattiere, Africa, tragitto casa – ufficio e traffico cittadino nelle ore di punta.
Di queste moto, non è rimasto quasi nulla, perché i costruttori non investono in un settore che in Europa non fa i numeri; poi la normativa Euro 3 ha bloccato quel poco che è rimasto, le case costruttrici, semmai, continuano, all’estero, dove non ci sono tante beghe mentali e legali, dove un mezzo per essere moderno ed ecologico, deve consumare e costare poco , dove sarà il mercato e non la legge a premiare i costruttori e la scelta degli utenti.
A proposito, lo sapete, che da noi un motorino tailandese, che fa oltre i quaranta con un litro non può entrare nel centro di Milano, mentre un “ecologico” Porsche Cayenne Turbo o una moderna Audi RS 8 con i loro oltre 4000 cc.  ed i loro quattro Km/litro si?
E se poi sono dotate dell’impianto a gas, ve la possono anche parcheggiare sotto il naso e lasciarla in moto, scaricandovi in faccia dieci litri di propano combusto ogni dieci minuti, mentre prendete un caffè nel dehor… ma questo è un altro discorso ed ho divagato!

Quindi tornando alle Dual Sport, resta poco:

  • la vecchia e sempre ottima Honda XR 650R (le altre cilindrate si trovano solo più in America).
  • finite le DR 400Z, m non più importate e le 650 DR che io noleggio per i miei clienti in Canada e Messico, di Suzuki non resta nulla.
  • Kawasaki ci propone la semplice ed economica KLX 250
  • Yamaha la piccola e divertente WR 250R o la pesantissima Tenerè
  • Un discorso a parte, merita il marchio HM di Honda, con le Easy 230 che sono ancora in listino, basse e leggere, con un motorino piccolo così, anche se costano relativamente care e con la poca potenza a disposizione non fanno molto “in”. Normalmente le ho viste solo in mano alle fidanzate dei miei clienti, che giustamente le ritengono ottime per iniziare e per avvicinarsi all’arte del fuoristrada e seguire il compagno nelle gite domenicali, salvo poi prenderle per andare in mulattiera con gli amici, con la scusa di provarle…peccato che non siano diffuse, perché sono dei veri gioiellini, piccoli trattorini capaci di arrivare ovunque e fare di tutto, praticamente sono mezzi molto intelligenti, ma si sa che la moto è istinto e passione, quindi in giro non se ne vedono mai. A dire il vero io ho un amico che ne possiede una e la utilizza per tutte le uscite, ha passato i “settanta” e a volte guida mettendosi un foglio di giornale sotto al giubbotto, spesso può apparire come un motociclista d’altri tempi, però se lo incontrate su qualche sentiero cuneese (abita a poche centinaia di metri da casa mia) e decidete di seguirlo, assicuratevi di possedere buone doti motoalpinistiche ed una moto tosta, altrimenti vi toccherà lasciarlo andare. Come afferma egli stesso, la sua 230 è ottimizzata (vi ricordate il mitico Stornello Frayre, degli anni settanta?…ecco è lui Mister Frayre), ma di base con quella motoretta si va dappertutto .
  • Quindi a conti fatti, Kawasaki e Yamaha sono le uniche giapponesi a proporre qualcosa di veramente nuovo.
  • La 250 di Kawasaki, è veramente ottima, molto vicina al tipo di moto a cui mi riferivo in apertura. Economica in tutti i sensi, ha un ottimo look e quasi non fa rumore, è l’erede della KL 250 che possedevo nel 1981 e con la quale ho fatto praticato del mototurismo a trecentosessanta gradi. Mi piacerebbe provarne una a lungo, in un raid extraeuropeo e impegnativo; dovrebbe essere ottima, come mi ha confidato un simpatico francese che ho incontrato al porto di Tunisi, reduce da un raid di 24000 chilometri tra Asia, Africa ed Europa. Tra i miei clienti, coloro che ne possiedono una, sono molto soddisfatti e l’unico che l’ha venduta, cambiandola per una “race”, si è già pentito. Certo per i lunghi viaggi e per le dune più alte, ci vorrebbe più motore, magari un 400 o almeno un 350…dalla sua parte, però c’è il prezzo e questo dato, non è poca cosa.
  • Per quanto riguarda Yamaha, il livello è leggermente superiore, infatti la componentistica è di prim’ordine ed il motore a quattro valvole, studiato apposta, non è un race depotenziato. Si tratta probabilmente della migliore dual-sport oggi in commercio in Italia, anche il tiro ai bassi non è proprio il massimo. Se ci fosse già stata, al momento della rottura definitiva del mio TT350, ci avrei fatto un pensierino. Però ha due difetti: la sella alta e costa un po’ cara per “sfondare”, sempre per il solito principio, secondo il quale, l’italiano medio, preferisce spendere quei soldi per una race di seconda mano (con tutti i problemi del caso), piuttosto che per una dual nuova. In fondo, poi, i rivenditori non ostacolano questa tendenza, sia perché è più facile seguire la massa, piuttosto che dare buoni ma impegnativi consigli, sia e soprattutto, perchè altrimenti, cosa ce ne facciamo delle race usate? Secondo me, bisognerebbe buttarle via o sistemarle in una collezione statica, come avviene per tutte le “cose” da gara, ma anche questo è un altro argomento che mi renderebbe molto impopolare, se iniziassi a parlarne…però me ne infischio e ne parlo ugualmente.
  • Il fatto è che se le vecchie macchine da rally venissero utilizzate per fare la spesa, si verrebbe giustamente arrestati, mentre le moto da gara, si ha la pretesa di utilizzarle tra i boschi…e poi ci si lamenta che è tutto vietato, che non si può fare più nulla, che i verdi rompono, ecc., ma i primi a sbagliare siamo noi, i motociclisti. Ma quanti sono i piloti da gara? Perché tutti vogliono una moto professionale anche se esercitano la professione di architetto, medico, idraulico, insegnante o panettiere? Se Marc Coma decidesse di tosare il prato o avesse l’hobby dell’orto, si comprerebbe un trattore ed una mietitrebbia, oppure un tosaerba ed un rastrello? Tutti quelli che hanno la passione di farsi il pane, rilevano una panetteria o si comprano un fornetto ed una zuppiera? Allora perché tutti i panettieri che vanno in gita la domenica pomeriggio dovrebbero avere la moto di Despres? Inoltre, visto che le gare ci sono e le piste anche, perché tutti “’sti pilotoni” non vanno li? Recentemente, ho accettato di far parte dello staff di una nota motocavalcata e come sospettavo, ho visto una marea di gente che si “impestava” la vita nei tratti “hard”, tagliando poi per i prati in caso di insuccesso, con grave disappunto e relative conseguenze dei tutori dell’ordine. Tra questi alcuni pilotavano i K 530 o i 300 2T e non salivano dove i cacciatori passano con la Panda…Su di uno dei pezzi in oggetto, io ero transitato su e giù con il mio DRZ da nonnetto… allora mi domando: non avrebbero fatto più bella figura e non si sarebbero divertiti di più con una Beta Alp?
  • Ma tornando alle dual-sport, non ho ancora parlato delle Europee ed in particolare delle Italiane. Beta ha in listino due ottime proposte, la Alp 200 e la Alp 4.0, che in realtà è una 350 dotata del mitico ed indistruttibile motore Suzuki ad aria, che continuo ad incontrare molto spesso in Africa e che non molla mai. Queste moto hanno avuto un ottimo successo, perché sono finite in mano alla clientela giusta, che non si vergogna a dichiarare di appartenere alla folta schiera dei piloti tranquilli e civili, meriterebbero un capitolo tutto dedicato a loro ed una più seria attenzione ad parte della stampa. Queste moto vanno ovunque, le ho viste anche in pieno Sahara ed un giorno sulla via del sale ne ho incontrato un gruppo di almeno dodici. Però se qualcuno desiderasse un po’ di brio in più, …spero che un giorno la Beta, pensi ad un 400 dual, che non mancherò di acquistare.
  • In Italia non c’è null’altro, ma in Austria e Germania? La KTM 690 che ho provato solo per pochi metri, ma che ho visto spesso in mano ai miei clienti. Eccezionale veramente, diverte sempre ed è bellissima con quel suo telaio perimetrale, ma con quella potenza e quella dotazione, con il peso ed il ridotto angolo di sterzo, non è per tutti, senza contare il prezzo ed i costi di gestione, che la pongono in una posizione di elite; esula un poco dal discorso intrapreso sino a qui. Forse è la migliore in Africa, ma sulle mulattiere di casa nostra non è facile. Comunque una meraviglia a saperla portare ed a potersela permettere.
  • Resta ancora Husquarna con la nuovissima 630 per la quale vale il discorso della K 690, mi piacerebbe provarla in un raid o in un viaggio esotico, per vedere se sotto il look da enduro dura e pura, si cela una vera moto polivalente.
  • Dopo queste il vuoto, se si eccettuano “cose strane”, ancora in casa giapponese, come la Kawasaki 450 con avviamento elettrico, non si tratta di una moto da gara, ma neanche di una dual-sport, è la moto che dovrebbero possedere i piloti esigenti che però non partecipano alle competizioni, ma questi invece, hanno le ready to race! In ogni caso sono fuori da questa trattazione, perché ritengo improbabile che ci si possa andare al mare con la fidanzata oppure in gita con il bauletto o le borse laterali.
  • Dopo queste, il nulla, a meno che non si vogliano superare i centocinquanta chili di peso e non si voglia salire con le cilindrate, allora Yamaha Tenerè, Bmw GS 650, 800 e 1200, Ktm 990 e 950 diventano serie possibilità da considerare con attenzione, ma a causa di pesi, potenze, consumi e costi di acquisto e gestione, siamo molto lontani dall’idea di moto totale della quale stavo parlando.
  • Anche i cinesi, hanno prodotto qualcosa, ad esempio la Axy nelle cilindrate 250 e 400, ma non ne ho mai vista una dal vero!
  • Allora, per completare il panorama, resta soltanto la Rieju con la piccola Tango 250, la moto con la quale ho iniziato questa splendida avventura.
  • Prossimamente, mi inventerò qualcos’altro e nel frattempo chi ha il coraggio di mettersi in gioco, provi a cambiare pensiero, …gli si aprirà un mondo!
  • In effetti, la scelta di partire per un viaggio semplice, ma comunque abbastanza impegnativo, con una “motoretta” di questo tipo, è stata la conseguenza di una serie di eventi e situazioni derivanti sia dalla casualità, sia dalla mia professione. Si tratta di una provocazione, o quantomeno di una esagerazione, di cui ho parlato specificatamente in un capitolo precedente. Il prossimo viaggio “da solo”, sarà con una moto diversa, per andare alla ricerca della moto totale e perfetta…che ovviamente esiste soltanto nei sogni.

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